Dott. Alessandro Valieri


Da Ferrara a Udine per poi arrivare a Ravenna. Una vita professionale vissuta tutta ai bordi dell'Adriatico, quella del dottor Alessandro Valieri. L'espansione geografica, però, è in corso: da qualche anno ha aperto anche una clinica a Bologna, conquistando così la fascia appenninica. Ma, in generale, sono i pazienti a cercarlo.
Valieri è fiero di quanto conquistato negli ultimi 13 anni, da quando nel non troppo lontano 2005 ha aperto il suo studio professionale. Un obiettivo che si era dato sin da subito: “Il settore pubblico è stato prezioso per la mia formazione, gli anni da specializzando nell'ospedale di Ravenna sono stati molto importanti. Però il mio sogno è sempre stato quello di lavorare in proprio”.

Dal 1994 al 2000 Valieri è a Ferrara, dove studia Medicina. “Erano anni in cui era molto difficile entrare – ricorda -, nove studenti su dieci erano esclusi. C'erano un centinaio di posti”. Divagazione sul tema: “Non ho una posizione precisa sul numero chiuso. Credo che tendenzialmente non sia giusto: fare il medico può essere il sogno della vita di una persona e affidare tutto ad un test, che può andare male per mille motivi, non mi sembra corretto. Di contro, conosco persone che sono entrate a Medicina e poi hanno abbandonato. Ora fanno altro, magari al posto loro potevano esserci studenti da trasformare in validi dottori”. Sliding doors. Il giovane Valieri, sapendo della difficoltà ad entrare, prepara per bene quel test sin dagli anni del liceo, dove si diploma con sessanta sessantesimi. Particolare importante, visto che il voto di maturità vale il 30 per cento del test. Il restante 70 lo mette lui stesso: il quiz va come previsto, il futuro medico si piazza tra i primi.

Gli anni estensi sono fatti di studio serrato: 56 esami non sono una passeggiata, alla fine la media sarà di 29,7. Il metodo di studio di Valieri è a volte crudele, ma va raccontato perché pare efficiente: “Se fuori era una bella giornata e c'era il sole, io chiudevo tutte le persiane e creavo il buio che aiuta a concentrarsi. Quando finivo e riaprivo la finestra, era sera. D'altra parte davo gli esami alla prima sessione utile, perché avrei dovuto aspettare?”. Valieri dice di amare Vincenzo Monti alla follia, anche se questo metodo di studio ricorda un po' il buon Giacomo Leopardi. Il medico è però più spensierato del giovinetto di Recanati: “Gli anni di studio a Ferrara sono stati bellissimi, la facoltà era magica. Ricordo questi anfiteatri in cui facevamo lezione ed ero così fiero di ripercorrere le stesse orme di mio padre. Lui ha soli vent'anni più di me, pure lui è medico. Quand'ero ragazzo mi raccontava della sua vita universitaria, vedevo le foto e – una volta arrivato a Ferrara – riconoscevo a colori i luoghi che avevo ammirato in istantanee in bianco e nero”. Valieri saluta il XX secolo con laurea, ottenuta nel Duemila con il massimo dei voti, e poi si sposta ad Udine per la scuola di specialità in Otorinolaringoiatria. L'obiettivo sognato si avvicina sempre di più.

È il 2002 quando il neo-medico arriva a Ravenna, che diventerà la città che lo lancia nell'olimpo della professione. Il lavoro duro e “un grande senso del dovere” lo porta ad aumentare la clientela. La voce di questo medico sorridente, con tante passioni e una cura maniacale dei pazienti si sparge in fretta e i clienti si moltiplicano, contattandolo da tutta Italia e anche dall'estero. “Non ho mai cercato la quantità a scapito della qualità – dice Valieri – perché credo che siano due variabili incompatibili tra loro. Non mi interessa ed è un privilegio della libera professione. Certo, in questo modo mi capita di dare appuntamenti a due mesi di distanza dal primo contatto. Non potrei però fare altrimenti, questo è il mio modo di lavorare”.

La filosofia dello studio medico Valieri è questa: quando entra un paziente, con la stretta di mano si crea il primo contatto umano. L'aggettivo non è casuale: qualsiasi sia il motivo della visita, dal semplice controllo al rifacimento del setto nasale, il rapporto tra chi porta il camice e chi si mette a sedere sulla poltrona del medico è di empatia più totale. Valga come esempio quanto accaduto nel 2012, quando “mi sono convinto di respirare male. Non so nemmeno perché, mia mamma e mia moglie mi prendono ancora in giro. Sono andato da un collega che mi ha visitato e ha confermato che i turbinati nasali erano un po' ingrossati. Vuoi che ti opero?, mi ha chiesto. Ma certo!, ho risposto subito”. Mentre la racconta Valieri sorride: nemmeno lui sa se in effetti quell'operazione fosse necessaria o se fosse semplicemente il modo inconscio di stare dall'altra parte della barricata.
In ogni caso l'operazione è servita, non solo alla respirazione: “Il collega è stato bravissimo, ovviamente come tutti ha un suo modo di porsi con il paziente. Diverso dal mio, come è giusto che sia. Ma io con questa operazione ho come completato un percorso che è iniziato proprio da quando ho cominciato a studiare per diventare medico. Sentire quello che si prova quando si è seduti su una poltrona, inermi, nelle mani di un altro. È stato molto importante”. In generale, da quella prima visita, si crea un rapporto che si chiude con la stretta di mano finale: “Sentirsi dire Grazie dottore è una delle emozioni più belle, per quanto mi riguarda. In fondo è' quello per cui ho studiato”.

È capitato, a Valieri, di operare anche pro bono. “Credo che il riconoscimento economico di una professionalità sia giusto, però può capitare che ci siano casi particolari per il quale alla fine ho deciso di operare gratuitamente. È una mia scelta e la rivendico come libero professionista e, in fondo – sorride – anche come amante di D'Annunzio: io sono quel che ho donato”.

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